8 maggio 2022


Festa della mamma. Un momento giusto per parlare di conciliazione!





In occasione della festa della mamma, vi segnaliamo i dati diffusi da Save the Children, nel 7° Rapporto ‘Le Equilibriste: la maternità in Italia 2022’. Ne emerge un quadro critico, a partire dal tasso di natalità che nel 2021 tocca il minimo storico dall’Unità d’Italia. I nuovi nati e le nuove nate diminuiscono al di sotto della soglia dei 400mila (399.431), calano dell’1,3% sul 2020 e di quasi il 31% rispetto al 2008. Uno scenario molto complesso, quindi, nel quale le mamme sono alla continua ricerca di un equilibrio tra vita familiare e lavorativa, con pochi supporti e con un carico di cura importante, aggravato negli ultimi anni a causa della pandemia.


In Italia si diventa mamme sempre più tardi (l’età media al parto delle donne è 32,4 anni) e il numero di figli/e diminuisce, attestandosi a 1,25 figli per donna in media. Ancora troppo spesso rinunciano a lavorare a causa degli impegni familiari (il 42,6% delle donne tra i 25 e i 54 anni con figli/e, risulta non occupata), con una differenza rispetto ai papà di più di 30 punti percentuali, o nel caso in cui mantengano il lavoro, hanno frequentemente un contratto part-time  (quasi il 40% delle donne con 2 o più figli/e minorenni). Soltanto poco più di 1 contratto a tempo indeterminato su 10 se si analizzano i dati nel primo semestre 2021, è stato stipulato con una donna. E nell'anno in cui è iniziata la pandemia, ovvero il 2020, si sono contate più di 30mila dimissioni di donne con figli/e, spesso per motivi familiari anche perché non supportate da servizi sul territorio, carenti o troppo costosi, come gli asili nido (nell’anno educativo 2019-2020 solo il 14,7% del totale dei bambini 0-2 anni ha avuto accesso al servizio finanziato dai Comuni).



L’INDICE DELLE MADRI 2022

Lo studio include il MOTHER INDEX, elaborato dall’Istat, che rileva le regioni in cui la condizione delle madri è peggiore o migliore  basandosi su 11 indicatori relativi a cura, lavoro e servizi. Inoltre, anche quest’anno, l’indice mette in luce i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri nei diversi territori.

Anche quest’anno, sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly, in alcuni casi con valori molto più alti della media nazionale. Regioni in cui è maggiore attenzione sulle condizioni socio-economiche delle donne ed è tangibile uno sforzo maggiore nell’investimento sul welfare sociale. Le province autonome di Bolzano e Trento mantengono da diversi anni le prime posizioni.

Dietro le prime due, seguono l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana, la Valle d’Aosta e in nostro Piemonte in ottava posizione. Al contrario, le regioni del Mezzogiorno (assieme al Lazio) si posizionano tutte al di sotto del valore di riferimento (pari a 100), evidenziando come sia più difficile per le mamme vivere in alcune di queste. 



LA CURA

L’area della Cura prende in esame due indicatori: il tasso di fecondità (numero di figli per donna) e la distribuzione del lavoro di cura tra i partner genitori con un lavoro. Rispetto all’anno di riferimento (2018), si registra un calo di quasi due punti a livello nazionale. Il peggioramento si rispecchia in tutte le regioni italiane, ma è minore per il Piemonte - che si colloca al 4° posto con 104,012 punti. 


IL LAVORO

L’area Lavoro guarda alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro: sei indicatori riferiti al tasso di occupazione e uno alla mancata partecipazione femminile osservati in base alla classe di età.

In generale sembra registrare una piccola ripresa nel 2021, con un valore pari a circa 100,8. Dal punto di vista territoriale, l’indice mostra le regioni in una sostanziale situazione di stabilità.  Il Piemonte occupa l'8^ posizione con  113,154 punti.  Se nel 2019 si registra un leggero miglioramento della situazione (quasi un punto), nel 2020 la situazione peggiora (poco più di due punti in meno del 100 base). Nel 2021 si registra una ripresa.

Restano molto marcati i divari territoriali con una netta differenza tra Centro-Nord e Sud. Le regioni del Mezzogiorno infatti, rimangono ancora molto sotto il valore di riferimento di 100, come la Campania (69,1), la Sicilia (69,3) o la Calabria (70,9), mentre quasi tutte le altre, anche se di poco, lo superano. 


I SERVIZI

Nel dominio Servizi, si registra un netto miglioramento. Già nella scorsa edizione dell’Indice delle Madri, si intravedevano dei valori a livello nazionale, che potevano far ben sperare per gli anni successivi, trend quindi confermato.

L’indice nazionale passa da 100 a più di 107, con un miglioramento generale in quasi tutte le regioni. Il dato maggiormente significativo sembra essere il gap meno ampio tra Nord e Sud rispetto al 2018: la Sardegna (106,4), per esempio, fa registrare un’ottima performance, superiore anche al Piemonte (106,3) per aumento dell’indice. 


GENDER GAP SUL LAVORO 

Lo scenario rileva un mancato sostegno pubblico alle mamme, dato dalle notevoli disparità di genere in Italia a prescindere dalla decisione delle donne di avere figli/e: per le diplomate, ad esempio, i salari sono sempre inferiori e il divario di genere tende ad aumentare nel tempo. Il reddito mensile lordo medio stimato per i ragazzi nell’anno del diploma ammontava a 557 euro, mentre per le ragazze a 415.

Nell’anno successivo, in cui i lavori cominciano ad essere più stabili, sale a 921 euro per gli uomini, mentre per le donne è 716 euro. Alle soglie dei 30 anni, gli uomini mostrano una traiettoria salariale ancora in crescita; quella femminile invece si ferma. Succede, quindi, che il reddito della donna all’interno di una famiglia – essendo il più basso – diventa sacrificabile, generando un circolo vizioso che favorisce l’esclusione femminile dal mercato del lavoro. Anche la piccola ripresa economica dello scorso anno è caratterizzata da ingiustizie di genere: delle 267.775 trasformazioni contrattuali a tempo indeterminato del primo semestre 2021, le donne non superano il 38%. 


Le donne sono, dunque, le ultime ad entrare e le prime ad uscire, come sottolineato dal Cnel. A differenza degli uomini, sono ancora in notevole svantaggio quando, nei loro orizzonti di vita decidono avere un figlio. E questo avviene non solo sul versante occupazionale, ma anche su quello retributivo, tanto che ormai questa condizione viene definita ‘motherhood penalty’ (o ‘child penalty gap’). Secondo il Rapporto ‘Le Equilibriste’, il 42,6% delle donne con figli nella fascia d’età 25-54, infatti, risulta non occupata, con uno divario rispetto agli uomini di più di 30 punti percentuali. Il dato cambia notevolmente a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Mezzogiorno, seguito dal 35,8% al Centro e da un 29,8% al Nord. Inoltre, mentre il tasso di occupazione dei padri tende a crescere all’aumentare del numero di figli minorenni presenti nel nucleo, al contrario, quello delle madri tende a diminuire. A fronte del 61% di madri con un figlio minorenne occupate (tre donne su 5), gli uomini nella stessa condizione che hanno un lavoro sono l’88,6%. Il divario aumenta quando, entrambi i generi hanno due o più figli minorenni (donne occupate 54,5% a fronte dell’89,1% degli uomini), con una differenza di 34,6 punti.


Come sottolineano molte delle indagini pubblicate sia in Italia che all’estero, le conseguenze della recessione causata dal Covid-19 hanno colpito soprattutto le donne: anche se i dati si differenziano da Paese a Paese, in media le stime internazionali indicano una diminuzione maggiore delle ore lavorate e dei tassi di occupazione femminile rispetto ai dati maschili. Anche i dati sulle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri di bambini/e di 0-3 danno uno spaccato significativo: su 42.377 casi nel 2020, il 77,4% riguarda donne. Le lavoratrici madri sono 77,2% (30.911) del complesso delle dimissioni volontarie, a fronte delle 9.110 dei padri. Sul totale delle motivazioni indicate quella più frequentemente segnalata continua ad essere la difficoltà di conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura dei figli.


Lo squarcio pandemico è stato un acceleratore di disuguaglianze sociali, economiche, educative e le donne sono state le vittime principali. La recessione economica è stata definita una ‘shecession’ ed i dati mostrano che è ancor di più una ‘momcession’. Sono necessarie misure efficaci, organiche e ben mirate che permettano di bilanciare le esigenze dell’essere madri e quelle dell’accesso e della permanenza nel mondo del lavoroâ€, il miglior regalo che si potrebbe fare in occasione della festa della mamma.


Photo by Jon Tyson on Unsplash




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